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Rapporto tra minimo solare ed eruzioni vulcaniche

Tag: vulcanismo, vukcani, eruzioni vulcaniche, attività solare, minimo solare

 

santorini

 

Al centro la caldera del vulcano Santorini che nel 1628 a.C provocò la più devastante eruzione avvenuta in Europa e che causò la distruzione della civiltà Minoica. La caldera si riempirebbe lentamente di magma, ricostruendo ogni volta un nuovo vulcano e successivamente ricollassando con un processo ciclico continuo.

 

 

  Se questo minimo solare perdurerà come sembra a lungo, questo non implicherà solo un raffreddamento climatico.

  L’esperienza tratta dagli astronomi dall’osservazione di 23 cicli solari documenta che ad una fase poco attiva che perduri da almeno tre anni segue quasi sempre un ciclo piuttosto debole. Se le previsioni NASA corrispondono al vero, ossia che dovremo aspettarci anche un ciclo più lungo del normale, cioé della durata di quasi 13 anni, è da domandarci se questo comporterà solamente il determinarsi di un raffreddamento globale in stile Minimo di Dalton, oppure possiamo aspettarci anche qualcosa di peggio.

  Nel minimo di Dalton si ebbero due cicli solari deboli prima di poter osservare la ripresa solare. Di conseguenza prima di vedere una ripresa dell’attività solare, nel caso più felice, sarebbe necessario aspettare almeno fino al 2030-2035, dopo un ciclo 25 ancora debole.

 

  Ma se però si manifesta l’ipotesi peggiore, paventata da Livingston e Penn, di un collasso del magnetismo solare prolungato tale da determinare l’instaurarsi un Minimo di Eddy (la denominazione che si intende dare a questo attuale minimo solare) in stile Minimo di Maunder, allora non credo che nessuno di coloro che stanno leggendo questo articolo, che si presume abbia raggiunto l’età della ragione, avrà il piacere di rivivere le calde estate degli anni passati a queste latitudini.

 

  Ma sorge a questo punto una domanda: dovremo solo ripararci meglio dal freddo che diventerà via via una consuetudine, oppure possiamo aspettarci qualcosa di ancora peggio? Quanto il ridotto magnetismo solare è in grado di influenzare la Terra nel suo pulsare di vita propria?

 

  Esistono due correnti di pensiero nei confronti di questo problema. Nell’opinione più comune si pensa che la Terra non sia particolarmente influenzata nei suoi movimenti endogeni da fattori esterni ad essa. Nell’altra corrente di pensiero, per ora meno numerosa, si pensa invece che fatti cosmici possano avere notevole riflesso sulla tettonica a zolle terrestre.

 

  È l’eterna contesa tra determinismo e casualità. Per chi ci legge in questo momento vorrei chiarire molto bene questi concetti
  Nel determinismo tutti gli eventi sono legati da un rapporto causa-effetto da eventi precedenti o da leggi naturali e tutto quello che ci ha portati fino a questo attuale presente è solo l’effetto di una causa. Tutto ha uno scopo preciso, tutto è ordinato, tutto è determinato.
  La teoria della casualità invece ci dice che tutto è semplice coincidenza. La nostra stessa esistenza è semplice coincidenza, solo il risultato di una complessa sequenza di incidenti chimici e mutazioni biologiche, senza nessun significato, senza nessuno scopo preciso.

  La maggior parte dei geologi ha sposato questa ultima teoria, pur riconoscendo una certa cascata di eventi che possono determinare un terremoto o l’eruzione di un vulcano, ma dopo aver riconosciuto l’esistenza delle forze di marea lunari e solari che possono influenzare la rottura dell’equilibrio di alcune placche già poste sotto tensione, oltre non vanno.

 

  In particolare viene negato che le forze gravitazionali, l'agente principale di ogni manifestazione del mondo fisico e che regola il corso dei pianeti e dei satelliti lungo la loro orbita, possa in qualche modo influenzare l’attività vulcanica o tellurica terrestre. Come se la Terra fosse sospesa nel vuoto del cosmo in maniera del tutto indipendente e tutto ciò che accade sulla sua superficie o al suo interno sia solo l’esito di processi casuali, del tutto imprevedibili e per certi aspetti inarrivabili.

 

  Se guardiamo alla fisica classica questa affermazione trova parecchie giustificazioni.

  In primo luogo quello che conosciamo dei terremoti precedenti deriva solo da dati storici, in quanto la raccolta accurata e regolare dei dati tellurici si ha solo da pochi decenni, per cui è impossibile avere le basi per teorie diverse. E anche l’impressione di un aumento della frequenza dei terremoti potrebbe essere falsa, perché non disponiamo di dati raccolti accuratamente oltre un certo numero di anni. Non dimentichiamo che anche la teoria della tettonica a zolle è una conquista recente.

 

  In secondo luogo molte volte i geologi contestano un autore “alternativo”, non perché le sue teorie sono improponibili, ma spesso perché sono già scontate. Ad esempio, alla base dei movimenti di faglia, che possono dare origine ad un terremoto, è scontato che ci siano forze proveniente dall'attrazione gravitazionale tra i pianeti, esattamente come nelle maree. Chi dice questo dice una cosa estremamente banale e scontata facendola passare per una novità.

 

  In terzo luogo i dati conosciuti provengono solo ed esclusivamente da studi fatti da geologi, per cui viene considerata solo una moda l’andare contro la scienza ufficiale, perché non esistono ulteriori dati diversi a riguardo.

 

  A questa ultima affermazione si potrebbe però ribattere che la scienza cosiddetta “convenzionale” non lascia molto spazio ai non geologi, ad esempio agli astrofisici, che vengono accusati di cialtroneria se escono troppo fuori dal loro campo.

  In Italia si è incominciato a studiare intensamente i terremoti in maniera più approfondita solo dopo quello del Friuli del 1976. Negli Stati Uniti erano già esperti nel settore prima, ma solo di qualche decennio di più di noi.

 

  L’impressione che se ne trae da queste argomentazioni è che la fisica terrestre debba per forza essere espressa e studiata solo con metodi geologici e sembrerebbe quasi essere differente dalla fisica degli astri.

  A mio parere, ciò appare decisamente risibile.

 

 

  Ma cerchiamo di ritornare sul tema dell’effetto del magnetismo solare sulla dinamica terrestre, in particolare sul vulcanismo, e per questo motivo citerò proprio un lavoro scientifico del 1989 di un ricercatore statunitense dell’Institute for Space Studies della  NASA che si trova a New York al Goddard Space Flight Center.

 

  Il suo nome è Richard B. Stothers ed ha preso in considerazione i dati storici delle grandi eruzioni vulcaniche tra il 1500 e il 1980.

  Con un’accurata analisi retrospettiva, molto dettagliata, di dati storici ha scoperto due periodicità statisticamente significative nell’andamento delle eruzioni vulcaniche correlabili rispettivamente sia al ciclo solare di 11 anni, sia al più lungo ciclo solare di 80 anni, detto di Wolf-Gleissberg.

 

  In queste periodicità di particolare attività vulcanica ha osservato che vi era una notevole corrispondenza tra aumento dell’attività vulcanica e minimi solari, mentre vi era una cospicua riduzione dell’attività vulcanica durante i massimi solari.

 

  I modelli storici sono stati confermati andando a cercare gli acidi presenti nell’aria, prodotti durante le eruzioni vulcaniche, e rimasti intrappolati nelle precipitazioni nevose, poi trasformatesi in ghiacci in Groenlandia. Mediante carotaggi si è potuto registrare perfettamente l’attività di vulcanismo presente in determinati periodi storici e non solo mediante documentazione storica.

 

  A parere dell’autore di questo studio (ma eravamo nel 1989) i flares solari presenti nei massimi solari possono cambiare i modelli di circolazione atmosferica, influenzando anche i movimenti di rotazione terrestre. Questa scossa nella dinamica dei movimenti della crosta terrestre, secondo lui, è in grado di provocare dei micro terremoti che limitano il vulcanismo perché diminuiscono la pressione sulle faglie.

 

  Questo lavoro molto accurato è caduto nel dimenticatoio per quasi vent’anni, nonostante i risultati interessantissimi, e risulta citato da pochi autori successivi, forse per i motivi che ho espresso all'inizio di questo articolo.

 

  Ma vediamo più in dettaglio cosa si dice in questa pubblicazione scientifica.

 

  La ricerca è stata svolta correlando le date delle eruzioni storiche accertate ricavate dalle compilazioni di Sirekin et al. [1981] e di Newhall e Self [1982].

Il catalogo di Sirekin è il più grande e copre 5.564 eruzioni tra l’8000 a.C. e il 1980 d.C., mentre il più piccolo catalogo di Newhall e Self contiene solamente le 122 eruzioni più esplosive dal 1500 d.C. al  1980 d.C. ed alcune delle date di eruzione da loro elencato è erroneo. Ma entrambe le compilazioni sono state utilizzate a fondo da Richard Stothers.

 

  Per questo studio sono state prese in considerazione solo le eruzioni sicuramente esplosive e con chiara produzione di polveri che si sono disperse in atmosfera (indice VEI = Volcanic Explosivity Index da 0 a 8; utilizzate nello studio solo se superiori a 3).

  Per questo scopo è stato disegnato un istogramma con settori suddivisi in 20 anni, che di seguito è riportato esteso dal 1500 d.C al 1980.

 

fig.1

 

  In questo istogramma sono disposte separatamente le eruzioni con indice VEI di 3, 4 e 5 con rispettivamente colore bianco, grigio e nero.

 

  L’aumento impressionante visibile delle frequenze di eruzione con indice VEI=3 dopo il 1900 è dovuto semplicemente al miglioramento progressivo nella osservazione delle stesse.

  Pertanto il periodo di osservazione per le eruzioni con VEI=4 o 5 è affidabile per tutto il periodo di 481 anni, mentre per le eruzioni con VEI=3 lo è solo dopo il 1900.

 

  Ma analizzando questi dati più in dettaglio si è potuto osservare una certa periodicità di queste eruzioni che se comparate al ciclo solare un decennale, che appare fortemente correlato se sovrapposto. In particolare vi è un aumento del vulcanismo in corrispondenza dei minimi solari.

  Si prenda ad esempio il grafico corrispondente al periodo compreso tra il 1900 e il 1980 posto qui sotto.

 

 

fig.2

 

  In questa figura le piccole frecce verticali rappresentano gli anni in cui erano presenti dei minimi solari ai quali corrisponde un aumento delle eruzioni vulcaniche con un indice VEI maggiore od uguale a 3.

 

  Ma questi dati, tratti da compilazioni basate su dati storici, sono anche stati paragonati ai dati ricavati dai carotaggi nel ghiaccio della Groenlandia.

 

  Il principio di base con cui si analizzano i carotaggi dai ghiacci è piuttosto semplice: si va a valutare l’acidità dei solfati in eccesso presenti nel ghiaccio. Il collegamento è il seguente: molte eruzioni vulcaniche emettono copiose quantità di solfuri che reagiscono fotochimicamente con il vapore acqueo nella troposfera e nella stratosfera formando aerosol.

  Questi aerosol sono portati  dai venti lontano dalla loro origine e di solito in meno di un anno, precipitano completamente al suolo e fuori della circolazione atmosferica.

  In un’area di ghiaccio permanente sono incorporati come acidi in uno strato distinto di nuovo ghiaccio che si deposita ogni anno. Quindi la carota estratta dal ghiaccio diventa un vero e proprio calendario delle eruzioni vulcaniche anche non documentate storicamente.

 

  Non sorprende però che la correlazione con la periodicità del ciclo solare di 11 anni, evidenziata dai dati storici,  non ricompaia con evidenza nei carotaggi eseguiti nei ghiacci della Groenlandia, in quanto il movimento dei venti nella troposfera e nella stratosfera sono in grado di disperdere i solfati presenti nell’aria e di ridurre la significatività statistica di questi brevi periodi.

 

  Ma se gli stessi dati sulle eruzioni vulcaniche vengono paragonati su una scala più ampia come quella ciclicità solare tipica del ciclo di Wolf-Gleissberg di 80 anni, assumono una piena correlazione con l’espressività del Sole.

 

  Infatti nel successivo istogramma dove le sezioni sono più ampie e disposte ad intervalli di 40 anni, appare una correlazione significativa tra eruzioni vulcaniche e i cicli di Wolf-Gleissberg.

  In particolare in periodi particolarmente significativi come durante il periodo del Minimo di Maunder o di Dalton si può osservare una forte produzione di solfati rimasta intrappolata nei ghiacci artici.

 

fig3

In questo istogramma i valori di acidità presenti nei ghiacci della Groenlandia (Greenland acidity) è paragonato al numero delle macchie solari rilevato nello stesso periodo (1640-1959). È da sottolineare che la scala dell’istogramma delle macchie solari (sunspot numbers) è in posizione invertita per accentuare maggiormente la visibilità della correlazione.

 

  Stothers nello stesso lavoro analizzata anche la possibile correlazione tra cicli lunari e vulcanismo. Ma la forza di marea lunare è apparsa totalmente fuori fase rispetto alle eruzioni vulcaniche. Quindi se esistono effetti di marea lunari a lungo termine questi sono ben nascosti come un rumore di disturbo nell’azione dei cicli solari o non appaiono sufficientemente evidenziabili.

  Questo conferma il dato che il vulcanismo non appare essere correlato con le fasi lunari e quindi l’azione gravitazionale della luna non ha sufficiente peso nel vulcanismo.

 Si ricorda che Stothers ha anche pubblicato nel 1990 un lavoro sulla possibile correlazione tra terremoti e cicli lunari, ed anche in quella occasione non è stato possibile dimostrare la presenza di correlazione.

 

 Nel testo della pubblicazione scientifica vengono poi eseguiti dei ragionamenti sulla possibile origine della relazione Sole-vulcanismo, premettendo che per ora (nel 1989, ma anche ora) non esiste alcuna teoria che può chiaramente spiegare questo stretto rapporto, che però risulta evidente nel numero delle eruzioni sopraggiunte a qualsiasi latitudine geografica durante i minimi solari, e Stothers  si domanda quale fattore astronomico può esserne responsabile.

 

  L’autore poi elenca tutti questi possibili fattori astronomici cominciando dalla variazione del magnetismo solare per finire con le influenze sul riscaldamento dell’atmosfera terrestre o il suo raffreddamento, in particolare con l’influenza sulle precipitazioni, i venti e la temperatura della superficie del pianeta.

 

  Pone inoltre la possibilità, posta anche da altri autori, che per azione dei flares solari vi possano essere variazioni della circolazione atmosferica terrestre tali da poter influenzare addirittura il momento angolare della Terra, causando microterremoti che ridurrebbero la pressione esistente a livello delle faglie e di conseguenza il vulcanismo, come una valvola di sicurezza che verrebbe a mancare nei momenti di minimo solare.

 

  L’autore cita anche altre teorie riportate da vari altri autori, ma che risulta superfluo citare in questa sintesi in quanto non suffragate da dati certi.

 

  Stothers conclude il suo lavoro sottolineando cautelativamente che si tratta fondamentalmente di un lavoro basato su dati di correlazione statistica, ma che le variazioni climatiche imposte da una grande eruzione vulcanica sono in grado di influenzare il clima molto di più dell’azione di un minimo solare.

 

  Su questa ultima affermazione di Stothers innesterei anche le ricerche di Caspar M. Ammann sull’ulteriore ruolo nei cambiamenti climatici determinatisi durante il Minimo di Maunder,  in conseguenza dell’aumento del vulcanismo esplosivo.

 

  Nel suo studio egli ricombina i risultati ottenuti dai carotaggi nei ghiacci con i dati dell’irraggiamento solare dell’epoca e propone una nuova rilettura dei dati noti.

Secondo questo autore l’abbassamento della temperatura durante il Minimo di Maunder non sarebbe stato determinato solamente dalla ridotta attività solare e lo stesso sottolinea che la maggior parte degli autori avrebbero ignorato nei loro studi gli altri importanti fattori che possono aver drammatizzato la variazione climatica.

 

  Tra questi fattori Amman pone la responsabilità dell’aumentato vulcanismo nel determinare, nel perdurante periodo di freddo, dei picchi di ulteriore raffreddamento climatico, in particolare nell’ultimo periodo del Minimo di Maunder.

 

  L’emissione di aerosol nell’atmosfera avrebbe infatti oscurato la già scarsa irradiazione solare, provocando un andamento altalenante del raffreddamento climatico nell’Emisfero Nord in senso peggiorativo e quindi determinando di conseguenza ulteriori repentini raffreddamenti climatici.

 

 

  In conclusione, andando a ragionare su queste ricerche, appare evidente il rapporto esistente tra minimo solare ed aumento delle eruzioni vulcaniche, ma la ragione di questo non ci è ancora nota.

 

  In particolare, quando sono stati pubblicati questi lavori citati, eravamo nel pieno del Periodo Caldo Moderno, che a questo punto sembra essere giunto al termine, ossia di piena irradiazione solare ed allora non vi era un rischio di un aumento massivo del vulcanismo.

 

  Ora, andando a ripescare questi lavori e mettendoli in correlazione con le nuove teorie sulle onde gravitazionali il quadro potrebbe assumere contorni diversi.

  Purtroppo in astrofisica gli studi sulla fisica iperdimensionale sono stati spesso trattati alla stregua di puri esercizi matematici.

  L’ipotesi che ora potrebbe essere posta è che le onde gravitazionali possano giungere con maggior facilità sul suolo terrestre quando il magnetismo solare è ridotto e agiscano da innesco di fenomeni tellurici e vulcanici già incipienti, ma ancora non completamente sviluppati.

 

  In effetti i lavori di Stothers e Ammann non forniscono alcuna spiegazione per questa correlazione minimo solare / vulcanismo e tutte le possibili ipotesi rimangono aperte.

 

 

 

 

Bibliografia

 

Stothers, Richard B. Volcanic eruptions and solar activity

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Newhall, C. G., and S. Self, The Volcanic Explosivity Index (VEI): An estimate of explosive magnitude for historical volcanism, J.

Geophys. Res., 87, 1231-1238, 1982

 

Ammann, Caspar M. (2002) The Role of Explosive Volcanism During the Cool Maunder Minimum, American Geophysical Union, 12/2002 2002AGUFMPP61A0298A

 

Ammann, Caspar M. (2003), Statistical analysis of tropical explosive volcanism occurrences over the last 6 centuries, Geophys Res Lett, 30, 1210, doi:10.1029/2002GL016388.

 

Glazner, Allen F., Curtis R. Manley, J. S. Marron, and Stuart Rojstaczer (1999), Fire or ice: anticorrelation of volcanism and glaciation in California over the past 800,000 years, Geophys Res Lett, 26(12), 1759, doi:10.1029/1999GL900333.

 

Stothers, Richard B. (1990), A search for long-term periodicities in large earthquakes of southern and coastal central California, Geophys Res Lett, 17(11), 1981, doi:10.1029/GL017i011p01981.

 

Stothers, Richard B. (2002), Cloudy and clear stratospheres before A.D. 1000 inferred from written sources, J Geophys Res, 107, 4718, doi:10.1029/2002JD002105.

 

Stothers, Richard B. (2007), Three centuries of observation of stratospheric transparency, Clim Change, 83(4), 515, doi:10.1007/s10584-007-9238-3


by Paolo D. - 19 marzo 2010


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