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Prime ammissioni di difficoltà a comprendere il ciclo 24

TAG: cicli solari, macchie solari, cicli solari, minimo solare, Bill Livingston, Matt Penn,

 

 

Il Sole continua a non produrre macchie solari come ampiamente previsto dagli astronomi Livingston e Penn già da diversi anni (vedi qui), ma la maggior parte dei fisici solari più blasonati appare non accorgersene. O perlomeno questo aspetto non viene considerato così importante.

Una buona parte anche degli astronomi italiani continua a ripetere che l’attuale ciclo solare è semplicemente in ritardo e che prima o poi riprenderà evolvendo verso una perfetta normalità, in questo accodandosi all’opinione comune dominante.

Ma possiamo veramente fidarci?

Nello spirito critico che contraddistingue questo sito apriamo una disamina di queste tesi.


 

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La macchia 1084 NOAA a polarità invertita

nell'emisfero meridionale del Sole

(immagine del telescopio n.2 di Palazzo Someda).

Secondo alcuni un prodromo del ciclo 25 e

il simbolo dell'abortimento del ciclo solare 24

 

 

 

Una tra le ultime giustificazioni apposte per l’assenza delle macchie solari dalla superficie solare da Leif Svalgaard (Stanford University) ad uno dei suoi ultimi seminari (The Solar Radio Microwave Flux and the Sunspot Number , 2009) è basata su tre punti:

1) La procedura del conteggio delle macchie solari o gli osservatori sono cambiati, con conseguente artificiale modifica del conteggio del numero di macchie solari rispetto al passato (n.d.r. ma non si capisce se sbagliano questi attuali o quelli del passato).

2) Si sono verificati cambiamenti fisici nella corona o della cromosfera.

3) Le osservazioni di Livingston e Penn hanno dimostrato che le macchie solari sono state sempre più calde negli ultimi dieci anni, portando ad una diminuzione del contrasto con la fotosfera circostante e di conseguenza diminuendone la loro visibilità, con rischio di una sottostima del numero delle macchie solari contabili.

Per quest’ultima osservazione viene da domandarsi: ma allora le macchie ci sono e non si vedono?


Provo a rispondere io: le macchie solari sono l’espressione dei campi magnetici solari, se ci fossero e non si vedrebbero sarebbe possibile comunque rilevare l’attività solare tramite l’indice del Solar Flux, che rappresenta il riscaldamento del plasma posto sopra le regioni attive della superficie solare. Più regioni attive ci sono, più è alto il Solar Flux.


Il Solar flux non dipende dalla attività magnetica solare, ma dalla quantità di zone attive magneticamente esistenti nella parte visibile del Sole.
Se le zone attive sulla superficie del Sole restano sempre quelle il valore del solar flux non cambia.

Attualmente il Solar Flux è quasi costantemente basso e i piccoli picchi in salita sono dovuti a qualche solitario flare o ad occasionali espulsioni di massa coronale (CME).
Quindi l’idea che le macchie ci siano, ma non si vedono, è semplicemente errata.
Non si formano perchè i campi magnetici ci sono, ma non riescono ad avere la forza di formare delle macchie, come suggerito da Livingston e Penn.

Già nel gennaio 2008 John Casey direttore del SSRC (Space and Science Research Center, Orlando, Florida), il più grande e importante centro di ricerca sullo spazio non governativo degli USA, aveva annunciato che erano in atto notevoli cambiamenti sulla superficie del Sole.
Testualmente aveva detto “I flussi della superficie del Sole sono andati rallentando drammaticamente, come riportato dalla NASA. Questo processo di movimento della superficie, che la NASA chiama “il nastro trasportatore”, essenzialmente ricopre le vecchie macchie solari e ne deposita di nuove. Gli studi compiuti dalla NASA hanno scoperto che quando il movimento della superficie rallenta, il numero delle macchie solari si riduce in maniera significativa”.

Va ricordato a questo punto che David Hathaway ha pubblicato a marzo 2010 un articolo in cui dice l’esatto contrario, ossia che il “nastro trasportatore” si sta muovendo ad una velocità da record sicuramente superiore a quella degli ultimi cinque anni e questo sconvolge totalmente i modelli preesistenti (qui).

Fino ad ora l'idea di base era che il nastro trasportatore spazzasse via i campi magnetici della superficie del Sole e li trascinasse giù verso la dinamo interna del Sole. Lì i campi magnetici venivano amplificati per formare le basi delle nuove macchie solari (modello di Dikpati).

Invece di rafforzare le macchie solari, Hathaway ritiene che un più rapido movimento del grande nastro trasportatore può invece sopprimere i campi magnetici "contrastando la diffusione magnetica all'equatore del Sole".

 

 


Il nastro trasportatore o Great Conveyor Belt , immagine tratta da Dikpati et al, 2006

 

Hathaway non parla di possibili cambi climatici conseguenti, anche se non risulta credibile che non ne sappia qualcosa di più su questo punto.

Al contrario di Casey si è sbilanciato non poco affermando ancora nel 2008 ”Tutto questo avrà una sola conseguenza: l'avvento di un nuovo cambiamento climatico che porterà ad un esteso periodo di freddo intenso su tutto il pianeta. Questo non è tuttavia un evento unico per il pianeta anche se sono notizie estremamente importanti per questa generazione e per quelle che seguiranno. Non è altro che la normale sequenza di alternanti cambiamenti climatici che si stanno verificando da migliaia di anni. Inoltre secondo le nostre ricerche, questa serie di cicli solari sono così prevedibili che possono essere usati per prevedere in forma approssimativa la serie seguente di cambiamenti climatici e questo con un preavviso di molti decenni”.

Queste affermazioni sembrano sottintendere che gli attuali grandi fisici solari sono perfettamente a conoscenza del grave peso per le generazioni future del mutamento climatico incombente.

Ma quelli di impronta governativa preferiscono tacere su questo punto per evidenti motivi di oppotunità.

Bisogna, però, riconoscere anche un certo senso dell’umorismo a Svalgaard che nel suo seminario del maggio 2010 a Keystone, Colorado, ha citato Agnes M. Clerke, astronomo inglese che nel 1902 a suo tempo ha detto:"Non si può dire che siano stati compiuti molti progressi per scoprire la causa, o le cause, del ciclo delle macchie solari. La maggior parte degli studiosi su questo difficile argomento forniscono una quasi-spiegazione della periodicità, attraverso qualche parametro assunto e riguardante i processi interni. In tutte queste teorie, però, il carattere del cambiamento è arbitrariamente sottolineato per adattarsi ad un determinato periodo, imponendolo perentoriamente come un dato di fatto, che viene ostinatamente definito spiegazione".

È una ammissione di impotenza a dare una spiegazione congrua anche oggi? Sembrerebbe di sì.

Nello stesso seminario Svalgaard ha molto criticato la teoria del nastro trasportatore perché promette un significativo progresso nella conoscenza del comportamento del Sole, ma dà risultati molto diversi dalle aspettative e quindi sembra insufficiente nella forma attuale. 
Ha concluso la disamina sui modelli di trasporto solare dicendo che il ciclo solare 24, può sfidare le convinzioni care e di lunga data e i paradigmi accettati dagli scienziati.

 

 




Le macchie solari sono sempre più calde, diventando così più difficile da vedere. Oppure stanno diventando troppo piccole? (immagine da Livingston, 2010)



Nei prossimi giorni approfondiremo la posizione di Leif Svalgaard che sembra prendersi la responsabilità di cestinare gli attuali modelli di flusso solare.

 

 

 

Inserito in News il 12 maggio 2010 alle 11:19:00 da Pablito. IT - Attività solare

Pubblicato su questo sito il 2 luglio 2010

 


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