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Rievocazione di Giovanni Meneguz

 

giovanni meneguz

 

Rileggere tutte le poesie per quest'introduzione pensavo sarebbe stato un po' noioso e invece mi sono commossa e divertita. Le s-cione rispecchiano in pieno la personalità di mio padre un uomo estroverso con il gusto dell'ironia e della battuta in ogni occasione. ricordo ancora le gite a funghi con mio padre e i suoi amici dove gli scherzi e le stupidaggini andavano avanti per ore con grande divertimento dei protagonisti e con mio stupore ed orrore di adolescente di fronte a questa banda di matti.

 

Solo adesso mi rendo conto che a 50 anni non si smette di ridere e che si divertivano davvero. Non è una cosa semplicissima scrivere una breve introduzione alle poesie scritte dal proprio genitore. Entrano in gioco tante cose: ricordi personali, infanzia per esempio, per cui è difficile non lasciarsi sopraffare dalla commozione.

 

Il ticchettio della Lettera 22 e una nuvola di fumo di sigarette in cucina ci segnalavano che nostro padre stava scrivendo sempre all'ultimo momento qualche articolo o presentazione. Ma è improbabile che le poesie le scrivesse direttamente alla macchina, anche considerato l'elevato numero di taccuini che circolavano per casa, pieni di appunti e di minuti scritti in quella calligrafia piccola e perfetta che gli ho sempre invidiato.

 

In generale non è che ci facessimo caso, sapevamo che nostro padre scriveva e non ci badavamo molto. Vengono in mente tante persone, tanti episodi che mio padre era in grado di immortalare con la sua penna, magari insignificanti, che però all'interno di un contesto sociale, come la nostra valle, assumevano delle valenze particolari.

 

Una delle cose che gli riusciva meglio era proprio questa: descrivere quello che succedeva nella nostra comunità senza enfasi, ma con tanto senso dell'umorismo. Uno dei suoi mileux poetici preferiti era Pieve con le sue canisele, dove la nostra famiglia ha sempre abitato nel corso dei secoli. Sicuramente dalle poesie che narrano eventi della valle emerge una realtà ancora solo toccata dalla modernità, un mondo che stava incominciando la transizione verso quello attuale, sempre più frenetico e mediatizzato.

 

Sono sicura che mio padre avrebbe dedicato una poesia alle sterili comunicazioni telefoniche di oggi contrapponendo cose molto più semplici e tranquille come ad esempio la visione di un cielo stellato. La nostra era una valle che usciva da due disastri: la Seconda Guerra Mondiale che non l'aveva toccata direttamente, ma aveva coinvolto tante famiglie (anche mio padre aveva conosciuto la prigionia in un campo di concentramento militare), e soprattutto l'alluvione del '66, vero e proprio spartiacque della storia primierotta.

 

I nostri paesi erano stati devastati dall'alluvione. Solo grazie alla partecipazione di tutti la valle si era risollevata. Ma la produzione letteraraia di mio padre non è solo questo: ad un certo punto vi è un passaggio verso dei contenuti più universali, che escono da quelle che sono le tematiche locali.

 

Gli argomenti sono quelli di sempre, la vita che scorre, l'impossibilità di opporsi al corso delle cose. In queste poesie la poetica di mio padre trova la sua espressione più completa: sempre in modo molto disincantato riesce a descrivere sentimenti delicatie paure come quella della morte.Anche se, a dire il vero, questi sentimenti per quanto mi ricordo non li palesava nella vita di tutti i giorni.

 

Ecco, questo è il ricordo che ho di mio padre, sarcastico, ironico, e allo stesso tempo profondo, in grado di leggere la realtà che lo circondava e di esprimere compiutamente i suoi sentimenti più intimi. Un episodio che ricordo sempre è quando un giorno si accorse che a casa tra di noi non si usava il dialetto primierotto, in quanto mia madre è di origini venete.

 

Lui sembrava come stupito, era il primo passo di quella "modernità" che forse per fortuna, lui non ha mai conosciuto. Questo è il ricordo di mio padre anche se lui, con il suo understatement avrebbe detto: "l'è sol milli asenade".

 

Elena Meneguz - Cagliari, 1 agosto 2011